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Che Tullio Pericoli possa contare su quella 'seconda vista' che per Leopardi era prerogativa dell'uomo «sensibile e immaginoso» è fuori di dubbio. Come sarebbe riuscito altrimenti a far affiorare dagli «angoli più segreti della memoria, che sono nascosti non solo negli spazi della mente ma anche in quelli più ampi del corpo», le figure che qui scorrono a fronte di uno dei racconti che più ama? Non meraviglia del resto che proprio Un digiunatore di Kafka si sia imposto alla sua capacità di percepire quanto vi è di 'figurabile', di vedere con l'immaginazione perlustrando frasi e parole - nella fattispecie un pallido uomo in maglietta nera votato alla malinconia. La sua malinconia è in fondo quella di ogni artista, di continuo defraudato della gloria di superare sé stesso «fino all'inconcepibile». Ma c'è di più: le figure di cui è popolato questo 'racconto per disegni' sono «compresse dal peso dell'aria che le avvolge» e risucchiano «verso il proprio interno la materia di cui sono fatte». Figure di Giacometti, dunque, prodigiosamente vicine a quelle del Kafka disegnatore, ma tracciate dalla mano di Pericoli. Che con questa audace visione ci offre il suo libro più affascinante e generoso.